Lezione del Professor Serri - 25 Nov. 2005

Lezione tenuta dal prof. Giuseppe Serri nella classe 4°E dell’istituto A. Pacinotti in data lunedì 28 novembre 2005.

Una possibile definizione di STORIA LOCALE è: storia di un’entità territoriale limitata. Ad esempio: una parrocchia, un villaggio, una diocesi, una provincia, una regione. Iniziando lo studio di una di queste entità, sorge la necessità di allargare il campo d’indagine dal “locale al generale”. L’analisi di un villaggio, ad esempio, comporta oltre alla sua descrizione nello specifico, l’inserimento di questo ente in un contesto più ampio, alle sue relazioni con i villaggi circostanti, con la regione, con lo stato, ecc.
Da questa definizione si capisce come non può esistere un locale in sé e per sé, ma un locale in relazione al generale e un generale in relazione al locale. Tra il locale e il generale esiste un rapporto dialettico: si può capire il generale attraverso il locale e viceversa.

PERCHE STUDIARE LA STORIA LOCALE?

Fino a pochi anni fa, ma in certi casi accade anche oggi, gli storici accademici accusavano gli studiosi di storia locale di provincialismo e attribuivano il titolo di “storico del villaggio” a chi si occupava di studi di storia locale.
La svolta avvenne negli anni Trenta. Nel 1929 nasce in Francia una rivista innovatrice, “le Annales”, ad opera di Marc Bloch e Lucien Febvre. L’innovazione stava nel concepire la storia come scienza sociale e conseguentemente di metterla in relazione con le altre scienze sociali. Non si può parlare di storia locale senza inserirla in un ambiente geografico, economico, demografico e così via.
Da qui un ampio dibattito circa le caratteristiche e le valenze della Storia Locale. Secondo le Annales “Lo studio di una comunità deve essere globale rispetto alle complessità dei suoi aspetti”.
La storia di una comunità bisogna inquadrarla nello specifico, deve essere studiata e indagata nel complesso delle sue attività e delle sue caratteristiche, aprendo in questo modo un’indagine globale alla quale la storia locale si presta più facilmente rispetto a quella generale, perché ovviamente essendo una parte limitata si entra maggiormente nei dettagli e si analizzano le relazioni con gli altri.
Un esempio in proposito è un importante libro, pubblicato nel 1975, di uno storico francese Emmanule Le Roy Ladurie, appartenente alla scuola delle Annales, intitolato “Montaillou”.

Il Le Roy Ladurie riuscì a fornire agli storici una serie di importanti indicazioni riguardanti la storia della Provenza e della Francia, scrivendo le vicende di questo piccolo villaggio medievale. Quindi dal locale al generale. Una fonte importante i questa direzione si rivelarono i registri parrocchiali, che cominciarono ad essere redatti in occasione della Controriforma. Infatti, la Chiesa era interessata a conoscere la situazione sociale della popolazione per poter esercitare una maggiore influenza. Ogni parroco dalla fine del ‘500 in poi aveva il compito di compilare ben cinque registri: uno delle nascite, uno delle cresime, uno dei matrimoni, uno delle sepolture e uno degli stati delle anime. Quest’ultimo in particolare si rivelò prezioso, perché annotava tutti i componenti di ogni famiglia e quindi forniva agli storici i dati necessari per conoscere la situazione demografica. Il censimento veniva compiuto in occasione della benedizione pasquale. Naturalmente la negligenza di molti preti e la loro imprecisione comportò la frequente assenza di questo tipo di documentazione storica.
Dagli anni Trenta fino ad oggi si è sviluppato un lungo dibattito sulla valenza della storia locale e i suoi rapporti con la storia generale. Uno dei punti fermi della storia locale è la sua duplice valenza. In verità le valenze sono tre, ma la terza, quella didattica, non sempre viene considerata. Gli altri valori sono quello politico-culturale e quello scientifico- conoscitivo. Al giorno d’oggi si tende a privilegiare il primo, ma questo non vuol dire che l’uno sia più importante dell’altro.

VALENZA SCIENTIFICO-CONOSCITIVA

Come abbiamo già detto fra storia locale e generale esiste una relazione dialettica, cioè una rimanda all’altra per una più facile comprensione.
Prima di tutto c’è da dire che l’analisi sul locale ci aiuta ad evitare l’uso di categorie generalizzanti. Prendiamo ad esempio il concetto di “mondo contadino”: se ne parla come se fosse una entità omogenea, mentre in realtà è costituito da categorie diverse, da braccianti, piccoli proprietari, imprenditori agricoli, in altre parole tante categorie, ognuna delle quali ha caratteristiche ed esigenze diverse.
Non è possibile parlare di un unico mondo contadino, comprendendo quello della Sardegna e della Pianura Padana, per esempio, perché sono totalmente diversi. Questo è uno dei punti basilari perché dimostra che la storia locale è importante per definire meglio le diverse sfaccettature di una realtà, ed evitare gli schemi interpretativi generici e spesso mistificanti.
Vi sono tre modi d’uso della storia locale:

1. Analisi delle ricadute locali per una verifica di processi generali.
Per esempio, dopo il 1861 la destra storica al governo dell’Italia attuò una dura politica di riforme per colmare il deficit finanziario. A questo proposito la storia sarda è stata molto utile per illustrarci la situazione di quel periodo: ad esempio, la vendita dei terreni comunali causò una grave perdita per i contadini che vi si recavano per raccogliere la legna (secondo il diritto di ademprivio).
Sommosse popolari esplosero in tutta l’isola: la più nota è quella di Nuoro, dove la popolazione insorse al grido di “torramus a su connottu!”, e quindi alla tradizione.
Quest’episodio testimonia che i pregiudizi sulla storia locale, vista come meno importante di quella generale, possono e devono essere superati.

2. Analisi delle spinte locali sui processi generali.
E’ necessario conoscere la storia locale per capire i processi di ordine generale.
Per esempio, nel 1876 salì al potere la sinistra Parlamentare, che cambiò completamente il quadro generale della politica italiana, della politica economica e di conseguenza la collocazione geografica dei parlamentari. Infatti, si passò da una destra storica composta da agrari e grandi proprietari terrieri, ad una sinistra di imprenditori industriali, commerciali, agrari e da una politica economica liberale ad una politica protezionistica.
Tutto diventa più chiaro e conseguente, però, se si conoscono le condizioni, per esempio, della Sicilia o di Napoli perché la svolta protezionistica era dovuta a interessi ben precisi. Da qui si può affermare che i processi generali vengono influenzati dalle situazioni locali.

3. Possibile generalizzazione dei modelli individuati a livello locale.
Per esempio, possiamo riallacciarci ai registri parrocchiali, da cui si ricavano modelli di comportamento demografico locale che sono stati estesi ai modelli di comportamento demografico generali. Si tratta, dunque, di un uso generalizzante degli studi e dei documenti locali.

VALENZA POLITICO-CULTURALE


Una delle funzioni della storia locale e dei punti basilari di questa valenza è quello di favorire la memoria storica.
Proprio grazie a questa l’uomo riesce anche a sviluppare un concetto di identità e di conseguenza di diversità dagli altri.
Che cos’è l’identità? E’ un senso di sé che ha ognuno di noi, un senso che ci rende coscienti della nostra diversità rispetto agli altri.
La memoria storica ci aiuta a valorizzare identità allargate, ovvero le comunità come la famiglia, una squadra di calcio, un paese. In altri termini persone unite da caratteristiche o usanze che hanno in comune. L’identità è fondamentale per l’essere umano, perché è la consapevolezza di noi stessi e ci permette quindi di sentirci diversi, ma non in modo “razzista”, (cioè io sono superiore a un altro) bensì in un modo che ci porta a confrontare il nostro essere con gli altri diversi da noi. Se fossimo tutti uguali questo sarebbe inutile. Si corre però un rischio: l’integralismo, che può essere politico, religioso e che può sfociare in un esagerato attaccamento a se stessi, tanto che si teme e si rifiuta il resto, cioè il diverso visto in maniera negativa.
E’ questo un errore che si è ripetuto più volte nel corso della storia, perché il segreto sta nell’accettare la pluralità d’identità e il confronto con gli altri, che ci arricchisce. La collaborazione e la solidarietà con gli altri però è fattibile solo se si conoscono gli altri; l’ignoranza spesso ci porta a generalizzare e banalizzare nel giudicare la diversità. Per esempio, molti vedono gli albanesi come delinquenti, ma non lo sono tutti ovviamente, eppure ancora oggi esistono questi tipi di pregiudizi.
Riguardo la storia locale, come abbiamo già accennato, vi sono ancora dei problemi.
1-Storia locale: un diritto dello studente?
L’insegnamento della storia locale nelle scuole, nonostante l’ampia rivalutazione ottenuta in questi ultimi tempi, è ancora tema di discussione. Lo studio della storia locale è un diritto dello studente, eppure vi sono ancora numerosi problemi che ne impediscono l’insegnamento. Uno di questi problemi è il tempo e la pretesa di esaustività di molti professori: la soluzione sarebbe la scelta di pochi argomenti da spiegare in modo approfondito.
È un grave errore pretendere di fare tutta la storia spiegandola superficialmente a causa del poco tempo. Il metodo della selezione, che è d’altronde la chiave della ricerca storiografica, deve far capire allo studente il vero significato della storia.

2- Integrazione locale/generale nel curricolo di storia
Abbiamo già detto che studiare la storia è un diritto dello studente, ma è necessario insegnarla in un certo modo, inglobandola cioè nel programma di storia e non svolgendo una lezione ogni tanto, separata dalle altre e dal programma di storia generale che si sta studiando.

3- Prospettive di inserimento organico della storia della Sardegna nei curricoli scolastici. Si ricollega al problema precedente.

4-Pericolo di marginalizzazione della storia locale nella scuola. La storia locale non può essere insegnata separatamente da quella generale in quanto sono concatenate,quindi separarle è didatticamente scorretto.

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